Una zanzara nella nebbia

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Zarì si era appena svegliata, frastornata da ciò che le succedeva intorno. Non aveva mai visto né sentito, in quei pochi giorni di permanenza nella pozzanghera, tanta agitazione, tanto movimento. Si agitavano centinaia e centinaia di esserini intorno a lei. Pulsava la vita; alcuni sembrava dormissero ancora, altri si agitavano nell’acqua, altri ancora galleggiavano di traverso. Certe uova si aprivano proprio in quel momento, larve che si stiracchiavano e si impupavano in un batter d’occhio.

Aleggiava un gran movimento anche a un palmo, sopra di loro. Andirivieni, tuffi, sinistri richiami, ronzii inconsueti. Usciva da un sonno profondo Zarì e dentro di lei aveva percepito il cambiamento, aveva sentito questo impulso di andare. Si era guardata intorno e aveva avvertito una scossa, un richiamo, un istinto che veniva da molto lontano.

Qualcosa dentro le disse di fare presto, la vita la chiamava. Sentiva che non era il caso di sprecare tempo, era ora di andare. Quel posto non era più per lei, era giunto il momento di affrancarsi da quella nursery, era tempo di vivere. Aveva tante cose da scoprire, da provare, da fare.

“Per poltrire hai tempo” – disse tra sé! Sapeva di essere pronta per affrontare la vita; tentò di alzarsi in volo per la prima volta, ma le sue ali non rispondevano, erano pesanti, intorpidite dall’essere stata troppo a “stagnare”, doveva scrollarsi di dosso l’acqua, doveva sgranchirsi ben bene!

Zzzzzzz… zzzzzz… zzzz … Cominciò a sbattere le sue ali così velocemente, ma così velocemente e ancora e sempre di più che si diffuse nell’aria quel ronzio stridulo tanto forte che le ultime uova dell’acquitrino, ancora addormentate, cominciarono a schiudersi e, stiracchiandosi, ancora mezze uova e mezze larve, prontamente si trasformarono in pupe guardandosi intorno assonnate.

Che succede? – disse la più intraprendente delle pupette, dopo essersi scrollata di dosso la veste che l’avvolgeva. Era carina, ben educata ma dall’aria arcigna e un po’ saccente. – Oggi avete tutte le fregole? Non vi basta più questo spazio? Volete fare il salto, esplorare il mondo? Attente che non è tutto buono quello che vi aspetta.

Zanzarella sembrava la sapesse lunga. Già metteva zizzanie, prevedeva pericoli e agguati; certamente non aveva l’aria di chi si avventura e vive la vita, senza collezionare rimpianti. Lei era più tra quelle che “megghiu riri chinni sacciu chi diri chinni sapìa” (Meglio dire che ne so che dire che ne sapevo!). Di quelle che lasciano passare il treno – “Non si sa mai, forse il prossimo è migliore”. Sì, proprio quelle che “a cursa ma viu di lastracu” (Preferisco vedere la corsa dal terrazzo).

Alle lamentele e ai predicozzi di Zanzarella, Zarì si sentì punta nell’orgoglio. Capì che quella ce l’aveva proprio con lei, ma non desistette. Decisa a conquistare la sua indipendenza continuò a sbattere le ali dieci, venti, cento volte e ancora e ancora di più perché sapeva che quello era il suo momento, lei era pronta per spiccare il volo.

Non ascoltò, non si guardò intorno sospettosa; no, anzi, era così fiduciosa e intraprendente che non riusciva a porre freno alle sue ali; queste fremevano, ronzavano. ma così velocemente che sembravano eliche alla massima velocità. Aveva tanta voglia di esplorare, di conoscere e di tuffarsi nella vita “costi quel che costi”.

Era proprio bella Zarì, una bella zanzara nel pieno della sua maturità. Aveva un corpo esile, allungato, elegante. Sapeva volteggiare con delicatezza allungando le sue antenne piumose, stendendo in avanti quella proboscide centrale che le conferiva una signorilità e un equilibrio che non credeva di possedere.

Via! Si alzò e conobbe per la prima volta le vertigini. La libertà fa quegli scherzi. Ti ubriaca, ti solleva da terra, ti stordisce!

– “Vai piano Zarì” – disse fra sé e sé, emozionata e frastornata.

Rallentò un attimo e si pose su un fiore appena aperto, giovane, fresco di rugiada e assaporò per la prima volta il gusto del nettare assieme al gusto della libertà!

Girò felice di fiore in fiore, deliziandosi di quel nettare e, mentre appoggiava le sue zampette, impollinava i fiori che ringraziavano in questo reciproco scambio di cortesie!

Continuò a volteggiare Zarì, agitando freneticamente le sue ali in un modo talmente insistente e voluttuoso da attirare l’attenzione del giovane Zan che, volando anche lui di fiore in fiore, sentì forte, con le sue antennine, questo richiamo. Corse, anzi, volò, vibrando fortemente, verso di lei, con le sue ali spiegate che si unirono a quelle di Zarì.

Lei rimase conquistata da quelle antenne piumose, dalle setole fitte e morbide.

Dopo quell’incontro, in cui le loro ali vibrarono all’unisono, Zan si allontanò e a Zarì si presentò subito il problema dei problemi. Allora si ricordò di Zanzarella. Forse erano questi i pericoli di cui aveva parlato lei? Ebbe un momento di mancamento Zarì, lei che non conosceva ancora a fondo la vita. Ma l’istinto di una mamma non sbaglia e impara presto cosa e come fare. Così Zarì si lasciò guidare dove questo la portava per trovare di che nutrire quelle centinaia di uova che fremevano nel suo addome.

Aveva bisogno di tanto sangue per portarle a maturazione. E doveva anche fare in fretta. Imparò ben presto a pungere, con la sua proboscide, iniettando una gocciolina di liquido che, provocando un’infiammazione, consentiva l’afflusso di più sangue.    

A prelievo ultimato però lasciava, nel “donatore involontario”, il segno del suo passaggio; quel prurito fastidioso e quelle bollicine, ricordo e geolocalizzazione delle punture che di solito avvenivano col favore della notte, precedute dal famoso e ben noto ronzio alle orecchie.

Zarì capì ben presto quali erano i pericoli cui alludeva Zanzarella, quando riuscì, con un volo spericolato e la giusta virata d’emergenza, a schivare quella paletta forata che fingeva di sostare sul comodino ma che era lì, in agguato, in mani esperte, per lei.  

Emise un sospiro di sollievo quando riuscì a deporre le sue uova nell’acquitrino e si allontanò silenziosa senza più sbattere fortemente le ali.

Rimase nei pressi della pozzanghera, volando di fiore in fiore. Di Zan non seppe più nulla; ogni tanto vedeva arrivare giovani zanzare intrepidi e gioiose, come era stata lei e mai pensò di spaventarle perché la vita, con tutte le sue insidie e le sue incognite, comunque è bella e va vissuta.

Piano piano la bella stagione lasciò il passo all’autunno. Intorno a quella pozzanghera la vita rallentò mentre nell’aria si alzava una sottile nebbia che nascondeva ogni cosa.

Anche Zarì scomparve nella nebbia.

Forse ai primi tepori sentiremo altri ronzii, altri fremiti, altre punture e penseremo a Zarì, alla vita e al costo della libertà!

Angela Badalucco 

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