Incontro

3.4
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Sedutа sulla panchina nuova, ancora profumata di resina, Tora si stava godendo i raggi pomeridiani del sole autunnale.

La sua nuova casa era molto piccola, piccolissima. Solo una stanza e una dispensa, ma le ne aveva bisogno di una più grande! Suo nipote aveva fatto di tutto per riparare la casa. Le pareti risplendevano dipinte di fresco e odoravano di calce e il tetto arrossiva di tegole nuove,proprio come un fungo da un libro per bambini.

E il noce? Il noce era esattamente come lo ricordava da giovane, ma cosa sono cinquant’anni per una pianta di noce?

L’unico problema erano i topi!

C’erano nel cortile, e alcuni si erano insinuati dentro in casa. La cosa brutta era che erano intelligenti e non entravano nella trappola, e non assaggiavano il veleno. Negli ultimi cinquant’anni la casa era stata a loro disposizione e ormai la consideravano di loro proprietà.

Baba Torah non li avrebbe disturbati a lungo perché sapeva che il suo cuore era malato.

Tora aveva lavorato negli ospedali per tutta la vita e sapeva come batteva male il suo cuore. Prima era stata un’infermiera e poi era diventata un medico.

Si era goduta ogni giorno che le aveva donando Dio e ora aspettava con calma la morte.

Non era dispiaciuta e non aveva paura di niente.

Una volta padre Curnàcia, le disse che la sua confessione era tra le più noiose. Il vecchio padre era un grosso personaggio! Era come se Dio guardasse attraverso i suoi occhi strabici.

Durante la guerra fu ferito e gli estrassero dal corpo ben sette proiettili senza anestesia: non si sentì lamentarsi!

Il giovane sacerdote che venne al suo posto, Coalita, non era degno di sostituirlo, nemmeno in altezza e qualcuno insinuava che fosse anche un pederasta, e probabilmente aveva ragione. Ma questo non era un buon motivo per non andare più in chiesa. A peggiorare la situazione c’era un gruppo di fedeli che in chiesa pretendevano di cantare, ma in realtà ragliavano come degli asini. Perché ragliare in chiesa, quando ci sono tanti altri posti dove farlo?E magari rotolarsi anche per terra?

Tora non era stata mai molto religiosa, ma la chiesa è

la casa di Dio, un luogo dove tacere, pregare. Soprattutto per trovare se stessi. Pensare…

La solitudine non pesava su lei. Sua figlia e suo nipote

Vivevano a soli due isolati di distanza, in una grande vecchia casa. Lei ha suggerito e persino insistito per farli trasferire qui, non appena è nato il quarto pronipote.

Suo nipote doveva mantenere la promessa fatta a sua zia:

appena sarebbe diventata vecchia, lui sarebbe dovuto venire a vivere qui.

Solo a volte le mancava il suo primo figlio.

Era partito anni fa,subito dopo la guerra, in quella città che aveva il nome molto facile, ma che continuava a dimenticare.

Suo figlio era un bravo elettricista di terra e lì aveva trovato facilmente lavoro. Dopo poco tempo aveva conosciuto una bella ragazza, si era innamorato e l’aveva sposata e non era più tornato a casa dalla sua mamma.

Non riusciva a capirlo, per lei “quelli laggiù” erano stati e rimanevano i nemici della guerra.

Durante la guerra aveva estratto dai giovani corpi dei soldati chili di proiettili e ricucito decine di metri di ferite.

Ma ormai la guerra era finita da molti anni e per i giovani di adesso i racconti di guerra erano noiosi e poco interessanti.

Ha da tempo fatto i conti con la sua vecchiaia, ma

non poteva accettarla per gli altri. Ecco perché ultimamente non andava d’accordo con la figlia. Dov’era andata a finire la magra allegra ragazzina?

E da dove proveniva la vecchia grassa fastidiosa, ora nonna di quattro nipoti?

Una volta alla settimana i suoi pronipoti venivano e riempivano la casetta silenziosa di risate, urla e talvolta pianti. La cosa brutta è che dopo, la testa le faceva male per giorni. Durante le loro visite settimanali i topi

si nascondevano, ma andati via i pronipoti, riprendevano a circolare per la casa.

Le avevano consigliato di prendere una gatta, aveva provato a lasciare cibo vicino alla casa per attirare una gatta di qualche vicino, ma niente! Invece della gatta, arrivavano i topi.

Una volta, da ragazza, aveva avuto una gatta. Gialla, con piedi bianchi, coda soffice pelosa e nappe per le orecchie. Si chiamava Murka.

Lei e la gatta passavano intere notti a parlare… anche se nessuno le credeva. Si sono lasciati quando lei se ne è andata in città a studiare medicina…poi c’è stata la guerra e, dopo la vittoria, lei si è sposata e sono arrivati i bambini e sua figlia era allergica ai gatti.

Ora in casa c’era un cucciolo brutto, non più grande di un gatto. Un gatto giallo saltò oltre il recinto e accarezzò dolcemente il terreno calpestato. Sembrava come la sua Murka, ma non poteva essere lei, perché erano trascorsi più di cinquant’anni. E la coda non era arruffata, ma spellata con fine nudo e le orecchie non avevano piscio.

Tora cercò qualcosa da darle in modo da attira, ma la ciotola del cibo era vuota, anch’essa leccata a lustro dai topi. Il gatto però non aveva intenzione di scappare. La guardò con ironia e inaspettatamente ha detto:

«Quanto tempo è passato, eh!».

«Ma tu!».La vecchia era stupita.

«Cosa io?»

– Sei tu? – cercò freneticamente gli occhiali, ma il gatto saltò leggermente verso di lei sulla panchina e disse:

«Certo che sono io!Pensi che un altro gatto verrebbe da una vecchia come te?»

«Oh Murka, mia cara! »

La mano del donna vecchia scivolò in basso e accarezzò

delicatamente l’animale. Riconobbe ferite, fratture e abrasioni tranne l’orecchio spaccato e diverse cicatrici dovute a una cattiva guarigione.

«Non pensare tu di avere un aspetto migliore! »

Il gatto le fece le fusa ed entrambi sussultarono all’unisono come una volta.

«Come mi hai trovato qui?… È passato tanto tempo»

«Noi gatti abbiamo i nostri modi, ci sono dei buchi particolari nel tempo.»

«Buchi?»

«Sì, piccoli, ma sufficienti da permettere il passaggio di un gatto e si aprono solo brevemente e la cosa brutta è che non sai mai dove stai andando Puoi entrare per errore, e poi è difficile tornare da dove sei partito! » spiegò Murka e si sistemò sulle ginocchia di Tora

«Come stai? Cosa stai facendo?»

«Aspetto la morte», sorrise la vecchia, «Ma non ho fretta, ovviamente.»

«Anche io», rispose la gatta, «Sono invecchiata e le mie gambe non mi reggono più, non riesco a vedere bene la fine della coda e ti confesso una cosa: l’aldilà non è affatto male!».

«Come lo sai? » chiese Tora.

«Ci sono stata otto volte! Ma brevemente. Mi è rimasta solo una vita, l’ultima. Raccontami?».

«Sì: sono stata investita da un camion, una volta mi hanno sparato, una volta sono esplosa vicino a una bomba durante la guerra, due volte i cani mi hanno soffocato, una volta ho catturato per errore un serpente velenoso e una volta ho mangiato un topo avvelenato.»

«Vergogna!».

Murka sibilò tra sé e continuò:«E’ stato solo poche settimane fa, ma mi ha ferito di più quando sono stata annegata da bambini cattivi … O piuttosto stupidi! Potrei morderli e scappare!»

«Poverina! Mi dispiace.»

«Questa è la vita di un gatto!» Murka si rannicchiò vicino a lei« e sono decisamente soddisfatta della mia!».

«Anche io! »,Teodora continuava ad accarezzarla, « Ho salvato la vita a molte persone. Ho un figlio e una figlia. Mio ​​figlio è lontano,ma mia figlia e mio nipote vivono vicino. Ho anche dei pronipoti. E tu?».

«Otto cucciolate!», rispose Murka felice, « Tre volte tre gattini, una volta cinque,tre volte quattro e una volta solo due.»

« Non male!»

« La maggior parte divenne vagabondi. Ma cosa aspettarsi quando tua madre è una gatta!» e aggiunse:«Poco fa ho conosciuto un trisnipote. L’ho annusato. Terribilmente maleducato, gli ho grattato il naso.»,continuò,«ma ho anche io un figlio di cui vado fiero. Lui è il primo gatto che ha ricevuto una medaglia del Consiglio. Se sai quello che abbiamo fatto insieme una volta!»e continuò:«Abbiamo liberato lo stesso presidente, dalla prigione»Murka tacque con una zampa alzata.

«Cosa sono questi?»

«Ratti» rispose Tora.

Murka corse subito veloce sotto il letto, sotto l’armadio, nell’armadio e i ratti cominciarono a scappare con uno stridio e le code arricciate, scavalcarono velocemente il recinto e si rifugiarono nelle case dei vicini.

Dopo di loro uscì anche Murka, con un volto vittorioso e un ratto in bocca!

«Vedo che non sei così vecchia, ancora riesci a cacciarli»

«Questo era vecchio, zoppo e probabilmente cieco… E’ andato a sbattere contro la gamba di una sedia.»

E cominciarono a ridere felici.

«Lo mangerai?»

« No! I miei denti sono malati: posso mangiare solo carne macinata, patè…»

«A me li hanno fatti nuovi» si vantò Tora leggendo e tirando fuori dalla bocca la dentiera.

« Lo vuoi? », e il gatto lasciò il topo ai suoi piedi.

«No!» rispose la nonna ridendo.

«Parli di carne macinata, patè…Ma dove hai vissuto in questi ultimi anni?».

« Gli ultimi anni sono stato in una casa ricca, alla distilleria Alkov. Le figlie del padrone gli rifornivano cibo abbondante e lui era felice di condividerlo con me. Un uomo molto buono, ma mi capiva a malapena. Poche persone riescono a capirmi! Quindi appena ho sentito che si apriva un passaggio verso di te, mi sono subito messo in marcia.»

Impegnati in dolci racconti, non si accorsero che il sole era tramontato, ma le zanzare glielo fecero subito notare, e allora decisero di entrare in casa.

Mangiarono e nonna Tora si sdraiò, e il gatto si sistemò

sulle sue ginocchia..

« Come fate voi gatti a sapere dove fa male?»

« Come faccio a sapere dove fa male? Non pensare

che io sia una strega! Sto cercando solo il posto più caldo.»

Tora non riusciva capire se la gatta volesse scherzare…

Il giorno dopo vennero i bambini che volevano giocare con Murka, ma lei, dopo avere mangiato le cose più gustose, salì sul tetto e di lì li osservò .

« Molto bene, nonna, hai trovato un gatto! » osservò il nipote, soddisfatto.

«Mi ha trovato!» rispose Tora, evitando, volutamente, di scendere nei dettagli.

« Perché i tuoi figli ti chiamano Tora, ricordo che ti chiamavi Theodora o Teddy?» chiese Murka.

« Tora è più adatta per una nonna.Teddy non suona bene.»

«Voi gente non state bene! A un gatto non le sarebbe mai venuto in mente di cambiare.»

Tora e Murka trascorsero una settimana meravigliosa e non si separarono neanche per un momento. Camminavano, cucinavano, dormivano, parlavano e tacevano immerse in lunghe riflessioni.

I bambini tornarono di nuovo e la casa si trasformò in un piccolo manicomio. Gridavano, correvano, giocavano. Nonna Tora giocò con loro, rise, rimase senza fiato e cadde perfino, ma continuò ad andare avanti. Invece, Murka non si alzò dal letto dal letto quel giorno…e anche i bimbi non osavano disturbarla.

La bella giornata passò in fretta, Tora era felice e soddisfatta, come una volta.

Ma la sera si sentì malissimo. Non mangiò e

si sdraiò accanto alla gatta senza nemmeno coprirsi.

Si addormentò, ma si svegliava spesso. Sentiva freddo, ma non aveva la forza di prendere la coperta. Anche la gatta, rannicchiata immobile, non si riscaldava come prima.

Le sono apparse persone che aveva perso da tempo… Il marito, il grande dottor Geno, anche quel dolce idiota Rasheit…

Verso mezzanotte sentì Murka toccarla con una zampina sul braccio.

« Alzati!»

«Perché?» sussurrò appena la vecchia.

« Si è aperto un ingresso in un altro posto, c’è qualche cosa di interessante lì. Alzati prima che si chiuda.»La voce di gatta suonava stranamente convincente.

«Ma io non riesco a stare in piedi»

«Non è necessario, il passaggio è più grande di

quelli normali, ma dovrai comunque gattonare!»Murka insistette

« Dov’è, non lo vedo?»

«Qui, tra la stufa e il letto. Affrettati!» Nonna Tora cadde pesantemente dal letto.

-«Prendi anche me.» chiese la gatta.

«Come?… Come mai? È da stamattina che cerco di camminare, ma non posso!»

« Perché non l’hai detto?»

«Non volevo disturbarti. Eri così felice.»La donna allungò una mano e prese un piccolo corpo osseo, irrigidito e raffreddato, e lo strinse a sé.

« Mia cara Murka!»

La sera dopo il nipote li trovò morti a letto, rannicchiati e abbracciati.

Nonostante le vigorose proteste della madre (e non solo), li seppellirono insieme.

Kontadin Kremenski

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