Il gioco della natura

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Daniel non stava più nella pelle! L’ultimo ritrovato dell’informatica ludica, era nelle sue mani. Senza esitare, avviò il gioco, lasciando scorrere le immagini delle istruzioni. Non voleva perdersi un solo bit di piacere e, senza fretta, stava pregustando le delizie e le infinite sorprese che, per molto tempo, gli sarebbero state concesse. Già, perché la principale caratteristica del gioco, è la durata di ogni singola partita: almeno 20 miliardi di anni!

La prima cosa da scegliere, è lo scenario. Daniel, dopo averci pensato un po’, con fermezza decise di ambientare il tutto nell’universo, un ammasso di cellule suddivise in agglomerati vari chiamati pianeti, stelle, satelliti… Il suo obiettivo era di creare e preservare la vita sul pianeta Terra da tutte le minacce. E sì, perché dietro l’apparente tranquillità dello scenario, si celavano infinite insidie: piogge di meteoriti, collisioni fra pianeti, radiazioni cosmiche. La peggiore di tutte era il buco nero, un enorme ammasso di cellule ultra concentrate che, famelico più che mai, assorbiva tutto ciò che incontrava portandolo alla distruzione quasi repentina.

Daniel osservava soddisfatto la sua opera. Aveva piazzato in posizione defilata una stella chiamata Sole, in grado di illuminare tutti gli agglomerati che bazzicavano nel sistema solare. La Terra girava attorno al sole nel tempo di un anno, ma contemporaneamente girava anche attorno a se stessa in un giorno! E attorno alla Terra girava la Luna, che, di conseguenza, girava attorno al Sole. Per puro vezzo, decise che la Luna dovesse girare anche su se stessa con velocità tale da mostrare verso la Terra sempre la stessa faccia.

Uno dei momenti più delicati ed intriganti, fu la composizione della natura, cioè l’insieme di tutto ciò che regnava sul suo pianeta e che doveva preservare al più lungo possibile. Iniziò col mettere attorno al mondo varie sostanze che, secondo un programma di commutazione spazio-temporale, dovevano poi trasformarsi in aria, un mix di azoto ed ossigeno senza il quale la natura non poteva progredire. Poi scavò fossi e canali che riempì di acqua, un liquido trasparente prezioso e raro in tutto l’universo.

Il gioco andava avanti da circa 13 miliardi di anni. Per riuscire ad iniziare a creare la Terra aveva dovuto aspettare più di 9 miliardi di anni. Nel frattempo, si era preoccupato di far fronte a minacce sempre più impegnative. Si era seriamente spaventato quando alcuni grossi meteoriti colpirono in pieno il suo pianeta. Si era così distratto ad osservare le sue creature dinosauri, da non accorgersi di quella terribile minaccia, e quando lo fece, riuscì solo a limitare i danni. Purtroppo l’ecosistema fu seriamente danneggiato. I giganteschi rettili, dopo meno di 200 milioni di anni dalla creazione, iniziarono a morire tutti. Si salvarono solo alcuni esemplari più piccoli. Che peccato! Daniel era convinto che sarebbe arrivato ad almeno 30 miliardi di anni con quella configurazione. Aveva creato un sistema super equilibrato. Aria ed acqua erano a sufficienza per tutti, carne e vegetali prosperavano. Daniel si sforzò di capire dove avesse sbagliato.

Lesse e rilesse le istruzioni, si consultò con amici più esperti, scrisse nella community degli appassionati. Infine, prese la sua decisione.

– Devo diminuire le dimensioni delle creature ed aumentarne l’intelligenza. Se i dinosauri fossero stati più piccoli e maggiormente intelligenti, avrebbero trovato soluzioni per sopravvivere anche nelle avversità.

Sfogliò tutti i cataloghi di creature acquistabili o addirittura componibili con pezzi scelti separatamente. Alla fine decise. Con buona parte delle risorse che gli avanzavano, scelse gli esseri umani, dotandoli di maggiore intelligenza a discapito della forza fisica. Era sicuro che, così facendo, avrebbe realizzato una creatura più duratura, mansueta e docile.

 Essendo meno forti, dovranno coalizzarsi per sopravvivere alle avversità della natura e dell’universo – sentenziava deciso – e questo lì renderà più invincibili dei potenti dinosauri.

La maggior debolezza della struttura fisica, costrinse gli umani ad inventare i vestiti. Daniel si divertiva un casino a vedere come le sue creature diventassero sempre più vanitose. Al contempo, gioiva ogni qual volta inventavano nuove armi per difendersi dalle avversità e dalle minacce delle belve feroci. Che bello assistere alle costruzioni delle città! Peccato che ogni tanto arrivavano a scaramucce tra loro, ma la faccenda non lo preoccupava. Gli umani si diffondevano sempre più sulla Terra, e quelli che morivano erano sempre meno di quelli che nascevano!

Daniel era contentissimo! Adesso poteva concentrarsi sulle difese esterne! E fu così che rivolse le sue attenzioni alle minacce dell’universo, accorgendosi che un pianeta era ormai uscito dall’orbita della sua lontanissima stella e viaggiava dritto verso il sistema solare.

– Accidenti! Se questo arriva solo a sfiorare il mio pianeta, è tutto finito. E sono ancora lontanissimo dai record dei miei amici. Che figuraccia ci farei!

Si diede da fare tantissimo per calcolare la traiettoria esatta del pianeta, cosa non facile perché subiva continue deviazioni a causa dell’influenza gravitazionale degli altri corpi celesti. Sospirò di sollievo quando capì che il pianeta sarebbe stato attratto da un buco nero molto prima che fosse arrivato a minacciare la Terra. A quel punto si concentrò sulla pioggia di radiazioni cosmiche provocata dall’esplosione di una stella. Se avesse raggiunto la Terra, gli uomini sarebbero tutti morti insieme ad ogni altra forma vivente, e Daniel si sarebbe trovato senza risorse per iniziare tutto daccapo. Riuscì a frapporre tra la stella esplosa e la Terra una decina di altri giganteschi pianeti che crearono a valle un cono libero da radiazioni, quel tanto che bastava per tenere la Terra al sicuro. Purtroppo la cosa gli costò tantissimo, e perse irrimediabilmente quegli imponenti pianeti.

Stava per arrivare anche un attacco di esseri alieni, creati da un virus che aveva infettato il suo elaboratore, probabilmente inoculato da un concorrente sleale. Riuscì a debellarli creando velocemente altri esseri alieni, con i quali diedero vita ad una sanguinosa guerra stellare.

Daniel sprizzava di felicità. Alla sua prima partita si stava comportando più che egregiamente. Ormai cominciava ad essere tenuto d’occhio anche dai giocatori più esperti che temevano lo stile e la fortuna dell’outsider. Controllò minuziosamente lo spazio interstellare per anni ed anni luce attorno al sistema solare e, quando fu sicuro che non vi fosse alcun pericolo, decise di prendersi una meritata vacanza di un paio di millenni, giusto il tempo per ricaricare le batterie e ripartire più tonico di prima. Aveva approfittato della pausa per studiare alcune strategie difensive passive, tipo l’apposizione di scudi stellari intorno al suo pianeta.

Si rimise alla consolle carico di energie nuove, ma ciò che vide non gli piacque affatto. Campeggiava, infatti, sul monitor l’indicazione che mai e poi mai avrebbe voluto vedere…

GAME OVER

Com’era possibile? Cos’era successo? Sulla Terra andava tutto bene e non gli risultava che vi fosse stato alcun attacco esterno. Possibile che in poco più di due millenni fosse andato tutto così storto da decretare la fine del gioco? Consultò ancor più a fondo le regole del gioco, sperando di trovare il bandolo della matassa per uscire da quella incresciosa situazione. E la trovò. Alla prima partita era consentito di rientrare in gioco anche dopo il game over, pagando una cospicua somma pari all’intero importo del gioco acquistato. Era una decisione importante da prendere. Pagare così tanto significava dare fondo a tutti i risparmi che avanzavano. D’altro canto, riprendere la partita da capo era davvero fastidioso, e mai e poi mai se ne sarebbe data una ragione, considerato il forte senso di colpa per essersi preso una pausa rivelatasi, col senno di poi, un’estrema nefandezza.

Pagò e riprese il gioco. Innanzitutto indagò circa le cause della disfatta, e scoprì che dallo spazio effettivamente non era sopraggiunto nulla. Purtroppo il male era nato sulla stessa Terra. Gli esseri umani avevano cagionato la loro fine e quella dell’intera natura. In maniera dissennata, avevano incrementato il loro livello di litigiosità, ed erano arrivati a costruire armi di morte globale. Avevano lanciato, l’un contro l’altro, missili a testata nucleare, diffuso ondate di mortali virus biologici creati in laboratorio, si erano vicendevolmente distrutti i pozzi di petrolio e tutte le altre fonti energetiche, provocando anche un terribile inquinamento ambientale. Erano rimasti pochissimi esemplari dei vari esseri viventi terrestri, rifugiati in caverne o in luoghi estremi del pianeta. Era poco, ma da questi pochi doveva ripartire. Inspirò profondamente e si chiese: – Dove ho sbagliato?

L’intelligenza al posto della forza estrema gli era inizialmente sembrata una buona idea. Ma si era sbagliato. L’intelligenza aveva bisogno di controllo. Da sola era terribilmente autolesiva.

– Ci sono!

Daniel si mise pazientemente all’opera, prese l’amore e lo iniettò negli umani al posto di metà della loro intelligenza.

I sopravvissuti, cercarono di riunirsi in un unico popolo, scambiandosi con gioia quel po’ di cui disponevano. La ripresa fu molto lenta, ma sembrava che la natura ce la stesse facendo ancora. Stavolta Daniel era sicuro di aver creato un sistema veramente stabile. Ci vollero millenni prima che le radiazioni scendessero ad un livello accettabile per consentire la ripopolazione dell’intero pianeta. Il giovane giocatore era contento del lavoro fatto. Ritornò ad esplorare lo spazio per scongiurare eventuali minacce. Non trovò nulla, se non un piccolo puntino in allontanamento dal sistema solare. Non era una minaccia. Lasciò perdere.

Peccato! Se avesse indagato a fondo, avrebbe scoperto che si trattava di un manipolo di discendenti dei sopravvissuti umani della prima generazione. Erano alla ricerca di un pianeta da colonizzare. L’evento non andava trascurato!

Silvio Pagano

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